Armi e Legittima Difesa, Come la Pensano in Svizzera

La Svizzera, Paese che sottopone a referendum dei propri cittadini qualsiasi norma, è stata chiamata a deliberare sulla accettazione o sul rifiuto di quello che è stato definito il “diktat dell’UE che disarma gli svizzeri”.

Il referendum ha accettato l’adattamento della legge elvetica alle norme europee che regolano il trattato di schengen a cui il paese aderisce.

Nel caso della Svizzera l’adeguamento è stato recepito ed attuato in modo ben diverso dal resto dei paesi, non sovrani, europei.

Questa diversità garantirà agli svizzeri di mantenere la propria cultura delle armi, una visione che ben si amalgama con il fatto che l’esercito elvetico è formato da una milizia di cittadini che vengono regolarmente richiamati alla leva, in tempo di pace solo fino ai 30 anni.

Il referendum richiesto da parte di un comitato di cittadini ha posto il problema di garantire alcuni punti che differenziano la legislazione elvetica dal resto della ue a prescindere dall’accettazione della direttiva comunitaria.

In particolare per la Svizzera rinunciare alla propria cultura per le armi e legittima difesa significherebbe:

– negare che cittadini incensurati siano in grado di ragionare e agire come persone adulte,

– annienterebbe l’effetto dissuasivo della detenzione di armi inducendo i criminali a ritenere che non ce ne siano nelle case in cui programmano incursioni,

– trasformerebbe il diritto di detenere armi in un privilegio consentito a pochi.

Sono affermazioni che possono farci trasecolare forse per il fatto che sono rivelatrici di una cultura che sottintende un elevato grado di educazione sociale che purtroppo non possediamo. Quello che è rivelato, ad esempio, dal fatto che tutti i membri dell’ ”esercito della milizia” – da sempre garante dell’indipendenza del Paese – conservano in casa l’armamento individuale anche dopo il servizio, … eppure sono praticamente inesistenti i casi di utilizzo improprio dell’arma (e, infatti uno dei punti della chiamata al “no” sta nel fatto che il “sì” creerebbe “una spaccatura tra il cittadino e l’esercito”).
Non può non colpire positivamente il fatto che gli svizzeri si sentano di parlare con orgoglio di una positiva “nostra gun culture” (che il “sì” all’UE farebbe sparire) – fondata sulla rarità dell’abuso delle armi da parte loro – quando si pensi alle implicazioni negative e alle manifestazioni letali di quella stessa specie di cultura in “altra parte” del mondo.