Immigrazione, Guarda chi Parla di Tolleranza !

Per le ovvie ragioni che ben comprendono solo i cittadini che la vivono sulla loro pelle,  l’immigrazione  di veri e finti affamati e perseguitati, inadeguatamente regolata, crea problemi, disagi, risentimenti. E con essi  il radicarsi di xenofobia e razzismo di cui davvero non si sarebbe sentito il bisogno.
Credo non meravigli nessuno il fatto che le nostre  (quantitativamente sovrabbondanti, ma qualitativamente povere)  istituzioni siano state prima  incapaci di prevenire tali inconvenienti e ora siano incapaci di risolverli pur avendo fatto e ancora facendo un gran vociare sul fenomeno. Fenomeno che può non essere considerato un potenziale pericolo, sotto alcuni aspetti già attuale, solo  da chi non ne sia toccato entro i propri   ben protetti ambiti. Ad esempio quelli di piazza del Quirinale o quelli di piazza San Pietro .
Meriterebbe invece una meravigliata critica il fatto che sul fenomeno immigrazione  intervenga, con i toni che ha assunto e si è permessa  nei confronti di uno stato sovrano, la gerarchia religiosa che, ferme le proprie prerogative pastorali, sull’argomento dovrebbe avere, per problemi di coscienza,  la prudenza di parlare a voce molto bassa.
Perché?
Tralasciamo di risalire a colpe storiche  quali le crociate bandite sotto l’etichetta delle “guerre giuste” destinata a  coprire veri conflitti di annientamento. Tralasciamole oggi e qui – nonostante i loro strascichi mai sopiti di odi e risentimenti individuali e collettivi che stanno ancora addosso anche a chi non le bandì – solo per il fatto che nonostante tutto esse furono portatrici – sullo sconvolgimento planetario dei rapporti tra popoli –  di conseguenze minori di quelle che hanno costituito il secolare  effetto, in primis a livello giuridico, di altre ben alte, autorevoli, condizionanti iniziative.
Poco dopo la circumnavigazione africana e, successivamente, appena pochi anni dopo la traversata di Colombo – che cambiarono l’immagine globale dello spazio sino allora concentrata su un mondo europeocentrico – quelle iniziative contribuirono pesantemente a legittimare una devastante   concezione di un nuovo ordinamento internazionale.
Un papa nel 1455 benedisse le linee di demarcazione della pacifica navigazione concordate nel 1443 tra spagnoli e portoghesi (con effetti anche sulla legittimazione della schiavitù).
Un altro papa nel 1494, in nome della diffusione delle fides catholica e della lex christiana, ridistribuì i nuovi spazi tra quei  due paesi cattolicissimi – e dunque cristianissimi e dunque pii – con una linea corrente dal polo nord al polo sud conferendo ai principi, con quel tratto di matita, il dovere di cristianizzare i miscredenti indigeni, ma insieme – però  sempre in nome di Dio – anche  il potere di asservire terre e abitanti divenendone “domini  cum omnina potestate,  auctoritate et iurisdictione”…. Il che può leggersi anche “con diritto di vita e di morte”.
A coprire gli abusi  sotto l’indispensabile velo della legalità e liceità delle condotte di stati e individui  provvide poi, nel 1539 – con contraddittorie argomentazioni  come nello stile di prima e come sarà dopo nell’ambiente –  il domenicano Francisco de  Vitoria codificando alti principi della guerra giusta. Essa da allora sarebbe stata  tale se condotta contro chi,  principi o popoli,  si fosse opposto non solo alla libera missione del cristianesimo, ma – già che ci siamo – anche al libero commercium latinamente inteso.
Frutti perversi di siffatte benedizioni  furono stragi di popolazioni, ruberie illimitate, occupazioni di territori altrui, abusi di ogni genere la cui giustificazione qualcuno pragmaticamente riassunse nel  principio – che, senza scandalizzare nessuno, avrebbe influenzato  tutta la storia coloniale – che “al di là dell’Equatore non vi è peccato”.
Oggi quelle stesse gerarchie fingono di dimenticare – ma la resistente  memoria della Chiesa impedisce di credere a una reale dimenticanza – che alle remote spalle del problema odierno sta anche l’avvenuto radicamento di un ordine giuridico che proprio esse  hanno  inaugurato con quei precedenti ; o, per lo meno,  del quale sono a dir poco corresponsabili.
Dimenticanza che consente comodamente di non considerare che le odierne condizioni dei paesi di origine dei molti disgraziati veri o finti che ne fuggono approdando da noi – colpevoli però di non voler essere abbastanza  ospitali  – sono anche (se non addirittura soprattutto) frutto e conseguenza di componenti (sulle quali inanemente si disquisisce, sempre e soltanto “nel male” dimenticando che c’è sempre un’altra faccia della medaglia, a livelli “elevati” o in poco educati dibattiti mediatici), nel cui novero  si evita di inserire anche  quelle che non sarebbero certamente atte a risolvere il problema ma  quanto meno indurrebbero a moderare i toni alcuni maestri cantori di eminenti cappelle.
Certo, una volta che di esse si  parlasse, verrebbero probabilmente ricordati i sottili distinguo, caratteristici di una certa cultura,  sia dello stesso Vitoria che  di chi pose escogitò addirittura il netto contrasto   tra il condurre una guerra “en tant que chrétien” (che sarebbe stato proibito) e il condurla invece “en chrétien”.
Distinguo che non giovarono ad evitare che  il disegno di quelle linee geometriche, risalente a una altissima potestà, dopo avviata la ripartizione del “mare oceano”  sia  poi sfociato nella  cultura che ha prodotto quella quadrettatura del Vicino Oriente e dell’Africa che ancora oggi possiamo riscontrare aprendo un atlante. Quadrettatura – figlia del novus ordo internazionale promosso da quelle linee e da quelle benedizioni seguite da cristiane argomentazioni legittimanti – che, in termini storici fino a (storicamente) qualche ora fa, non ha riservato  particolari  attenzioni per la sorte delle popolazioni, spesso ostili tra loro, ricomprese d’imperio in essa.
Chi, senza darsi daffare in ricerche, volesse farsi una pur vaga idea su quanto or ora scritto, potrà contentarsi di assistere al film Mission. E’ un brano di storia. Storia di fatti benedetti da quello stesso pulpito che ora predica doveri e colpe nostre. Li predica, però,    senza aver recitato convincenti  mea culpa sulle colpe  proprie di cui  peraltro noi e non esso portiamo ancora le conseguenze. E soprattutto predica senza ricordarsi del fermo e  saggio monito di Alberico Gentile, uno dei precursori del diritto internazionale moderno: “silete theologi in munere alieno”!
Già! Perché i teologi dovrebbero occuparsi di ben altro o, se proprio vogliono metterci il becco, dovrebbero metterci anche i “bezzi”, … che si direbbe non manchino.

Avv. Domenico Carponi Schittar