Immigrazione, Canto Soavemente per Segnalare il mio Ius Excludendi Omnes Alios

Chi mai promuoverà un convegno che affronti con sincerità il tema della migrazione che è in atto escludendo rigorosamente dal dibattito, per garantirne l’affidabilità, politici, amministratori, religiosi, sociologi?
Mi azzardo ad affermare che costoro non hanno titolo per parteciparvi. I primi per la loro incompetenza sposata, qualunque ne sia l’orientamento, alla mancanza di obbiettività (volendo tralasciare il sospetto che siano anche da considerare inconfessati e inconfessabili interessi). Gli altri per l’incapacità sin qui dimostrata di affrontare la materia superando il condizionamento dovuto alla loro formazione.
E mi azzardo ad affermare anche che  si direbbe che sin qui siano sfuggiti a tutti  i presupposti da analizzare per individuare il possibile da farsi e il quanto da non farsi di fronte allo specifico problema. E non è da escludere che essi siano loro sfuggiti per la mancanza di conoscenze scientifiche di base che era forse giustificabile sino a trenta o quaranta anni fa, ma che oggi è colpevole soprattutto in quanti reggono o influenzano il destino di nazioni (e- nel caso europeo- di un continente) della loro popolazione, della loro cultura, della loro stessa civiltà.
I muri, le barriere non sono eretti a caso. Chi lo sta facendo sta reagendo ( forse senza averne piena consapevolezza; …oppure ci sono felici paesi in cui si studia prima di parlare e agire?)  come la natura ha stabilito vada fatto da ogni struttura vivente, singola o associata –  si tratti della pianta, dell’animale, dell’uomo – per evitare il decadimento e l’estinzione.
Il soavissimo canto dell’usignolo che tanto ha ispirato poeti non è un canto amoroso. E’ un segnale canoro di minaccia che traccia un confine vitale che va marcato e andrà difeso perché una volta che sia invaso la sopravvivenza dell’abitante e del suo nucleo è messa in pericolo.
Confine e difesa del confine costituiscono dei cardini del meccanismo delicatissimo dell’evoluzione e della sopravvivenza delle specie. Può essere che lo si possa “accomodare”, ma come ogni parte vitale di un ingranaggio, per mettervi mano esso va conosciuto alla perfezione e potrebbe essere toccato e ritoccato con prudenza e solo previa istruzione da parte di esperti. Non, cioè, come si va facendo.
Gli esperti – che non sono politici, amministratori, religiosi, sociologi – ci sono. Biologia, etologia, antropologia hanno fatto  e stanno facendo passi da gigante ed è in queste scienze che andrebbe cercata la risposta al fenomeno sperando di trovare una attendibile ispirazione sul da farsi, … Peccato che gli addetti ai lavori sembrino non sapere – e disinteressarsi di sapere – quanta parte quelle scienze abbiano nell’illuminare i presupposti fondamentali dell’organizzazione e conservazione sociale e non si rendano conto dei danni che la loro ignoranza produce nel breve termine e dell’irreparabilità di essi che può seguirne a distanza. Come ha detto recentemente il biologo professor Pietro Pietrini “ la conoscenza scientifica non è solo un valore in sé, è anche essenziale per studiare strategie preventive”!
“Strategie”… Se ne intravvede una che fronteggi il problema?
Non è questione di razzismo. Non è questione di negare aiuto e soccorso a chi ne necessita.
E’ questione di stabilire consapevolmente come e dove farlo utilmente per chi riceve e senza pregiudizio per chi dà.
Non è escluso che lo stabilirlo consapevolmente implichi l’accettazione fatalistica di una certa dose di cinismo. Lo vuole e lo insegna la natura e può anche essere che sia il solo modo per garantire che l’aiuto e il soccorso   non si esauriscano per collasso di chi li somministra.
Ci sono pesci che diventano cannibali quando le acque in cui vivono altrimenti pacificamente si restringono. La soluzione per loro – e per tutti – sta nel far sì che ognuno possa vivere in un’acqua della quale  non si esauriscano le fonti. Il far ammassare, e tanto più il trapiantare, indiscriminatamente  nell’acqua altrui può sembrare una soluzione, ma è la premessa per la rovina collettiva già testimoniata dal perimento di decine di specie.

Domenico Carponi Schittar,  Avvocato in Venezia