Autodifesa e Sicurezza la Storia Infinita

Autodifesa e sicurezza una storia infinita. Quasi due anni fa Carlo Nordio svolse ne Il Giornale un intervento propugnando la opportunità di una nuova legge sulla materia finalizzata a porre rimedio a difetti di origine ascrivibili al momento storico della normativa. Era dotto e seducente il percorso che egli aveva elaborato nell’impostare cosa sarebbe oggi la legittima difesa e cosa potrebbe-dovrebbe invece essere e-o si vorrebbe sperare fosse domani. Ma è anche convincente? A proposito della legittima difesa, il codice dello “Stato padre e madre” stabiliva laconicamente: “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”. Perché “laconicamente”? In primo luogo perché Manzini e Rocco – giuristi, sociologi, filosofi del diritto, che anche conoscevano bene la lingua italiana – sapevano che quanto a un testo di legge valeva, come dovrebbe sempre valere, il principio “intelligenti pauca”…. E per “intelligenti” non si intende solo il cittadino che dovrebbe non essere ignorante di qualsiasi legge.
Sono fermamente convinto che se fosse fatta una indagine popolare a tappeto per stabilire come sia intesa quella norma, i dubbi sui suoi significati sarebbero pochi e insignificanti.
E non ho neppure dubbi che se fossero oggi qui Manzini e Rocco si meraviglierebbero che possano essere sorti dubbi attorno al loro testo della legge.
… Il vero problema è dato dal fatto che l’istintivo “sentire” intimamente la portata della norma – che, in particolare come questa, risponde a imperativi naturali – ha dovuto fare i conti (e li sta ancora facendo; e dovrà continuare a farli comunque venisse modificato il testo) col male devastante tutto italico dei distinguo giurisprudenziali indubbiamente dottissimi, sottilissimi (e però anche spesso confusi, mai univoci, sovente perfino ideologicizzati) che hanno trasformato leggi (sovrabbondanti) e amministrazione delle leggi nel caos.
“Cosa implica il costretto”? “Cosa va inteso per necessità”? “Qual è il pericolo atto a scriminare”? E, triplo salto mortale senza rete, “Quand’è che lo stesso è attuale”? E magari anche “Quale grado di intensità deve avere quella attualità commisurata alla necessità”? E così distinguendo…
Questi sono alcuni – solo alcuni – degli interrogativi cui il disgraziato che “dorme tranquillamente, magari con i bambini nella stanza accanto” (come scrive Carlo Nordio) e si trovava un (forse?!) malintenzionato in casa, destatosi di soprassalto doveva in tempi brucianti dare ieri una risposta in materia di autodifesa che fosse in linea con il pensiero di pubblici ministeri e di giudici seduti a una scrivania.
Ma non solo ieri. Infatti settantasei anni dopo Manzini e Rocco, il legiferatore liberale (???) del 2006 ha rattoppato la norma sulla legittima difesa e però le sottigliezze sui sottostanti interrogativi non sono cessate né diminuite. Sicché è ragionevole presagire che domani, rimodificata la legge, gli interrogativi saranno addirittura molti di più. In parte perché (lo vediamo ogni giorno) la legge non sarà capace della laconicità e chiarezza antica. Ma soprattutto perché la sua applicazione non cesserà di dover fare i conti con l’esantema distinguo.
Carlo Nordio si mostra, sensibilmente, preoccupato per l’ interminabile e costosa ordalia cui è assoggettato il poveretto che dormiva tranquillamente, magari con i bambini nella stanza accanto e, svegliatosi di soprassalto, ha reagito all’intrusione. Ha ragione. Però non mi pare abbia uguale ragione quando scarica sulla legge la “colpa” di quella odissea. Infatti – essendo un fine giurista e un magistrato – sa benissimo che la applicazione tempestiva della lettera e dello spirito degli articoli 358, 125 disp. att. e 425 del codice di procedura penale vigente – che sono chiarissimi finché non li contaminano i distinguo – consentirebbe già oggi di concludere quel dramma in una settimana.
Intervento dotto e sensibile preoccupazione, ma per far funzionare le cose in Italia il toccasana non sta nel continuare a far leggi e-o a cambiarle… Esso sta altrove e in ben altro!

Avv. Domenico Carponi Schittar